Charles Baudelaire, “Les bijoux”, 1857 , lirica esclusa per motivi di immoralità da “Les fleurs du Mal”“La mia amata era nuda e indossava soltanto,
conoscendo il mio cuore, gioielli tintinnanti
dai ricchi finimenti che le donavano l’aria
vittoriosa che hanno le schiave dei Mori.
Questo mondo luccicante di metallo e di pietre
che lancia danzando un suono ironico e vivo
in estasi mi rapisce: amo sino al furore
le cose in cui il suono si mescola alla luce…”
I gioielli di Lucia Massei sono innanzitutto doni.
Il dono non contempla la riconoscenza. Si dona la vita, ci si dona a una causa, viene donato ciò è del padre al figlio perché si costruisca la memoria.
Donare non è regalare che attiene invece al mostrare la propria magnificenza.
Il dono ha a che fare con l’accoglienza di chi arriva inatteso.
I gioielli di Lucia Massei prevedono latitudini lontane, vesti sconosciute, lingue ascoltate di rado che sembrano arrivare da un tempo che ci doliamo d’aver perso e ci compiacciamo di avere impresso nella memoria.
Sono femminili nel senso della natura, ovvero generosi di forme . Non sono accessori, non si accostano, sono ciò che noi siamo, sono tutt’uno.
I colori, i metalli, le pietre, anche quando sono preziosi si mostrano con parsimonia, a volte grezzi, puri come puro è il sentire, la percezione che fa appello al cuore; tutto nel suo lavoro è radicale e impone di usare definizioni che non trascurano le etimologie.
Sentire, ovvero percepire con i sensi, ha a che fare contemplando la funzione del gioiello con l’empatia: il sentire insieme che accomuna chi da e chi riceve; ha a che fare con il pathos: la commozione che si prova di fronte alla bellezza.
Comunicare attraverso gli ornamenti è pratica conosciuta in tutta la storia dell’umanità, la moderna accezione di status-symbol, attiene a quella pratica antica di mostrare l’appartenenza a un’etnia o gruppo sociale attraverso simboli che oggi, soprattutto in occidente, individuano appartenenze stabilite da criteri censocratici che nulla hanno a che vedere con la storia e la cultura degli individui che quei simboli rappresentano.
L’ornamento prodotto dall’industria serializza e quando usa l’alibi dell’edizione limitata, ancora di più estremizza i criteri di accesso; la preziosità è proporzionale alla difficoltà economica dei consumatori di accedere all’oggetto.
I gioielli di Lucia Massei e in modo più generale i gioielli d’artista, invertono la tendenza, sono preziosi nel significato che si attribuisce all’opera d’arte, a ciò che ha pregio e possiede qualità degne di essere ammirate ovvero guardate con meraviglia, con stupore.
E’ prediletta l’unicità, perché il gesto che li produce non può essere ripetuto, e qualora si avesse la ripetizione, mai uguale a se stessa, come accade nella produzione della maggior parte degli artisti, sarebbe tensione alla perfezione dell’espressione e non mera duplicazione finalizzata all’ottimizzazione del mercato degli stessi.
I gioielli di Lucia Massei sono poetici.
Ποίησις (poiesis), sostantivo greco da cui il termine poetico deriva, è non a caso un sostantivo femminile e indica la costruzione,la produzione poetica, la creazione che si realizza.
Poetico è il racconto che in essi si sottende, ed è un racconto che parla di natura, di terra, di geologia e di geografia, di mare e di Mediterraneo, di popoli che vi si affacciano e che vi si sono affacciati. E’ il racconto di donne che conoscono il mistero che avvolge le cose e che portano amuleti che raccolgono nubi in transito, vento e sole, pioggia e suoni e silenzio.
I gioielli che indossiamo parlano di noi, dicono chi siamo, comunicano ciò che sentiamo solo quando li abbiamo scelti, selezionati fra altri, quando rappresentano la nostra unicità e ci identificano, quando ci sono donati da chi tiene a noi come noi stessi.
Antonella Villanova |
“Charles Beaudelaire, “Les bijoux”, 1857 , a poem that was not included in “Les fleurs du Mal” since it was considered immoral.
“My darling was naked, and knowing my heart well,
she was wearing only her sonorous jewels,
whose opulent display made her look triumphant
like Moorish concubines on their fortunate days. When it dances and flings its lively, mocking sound,
this radiant world of metal and gems
transports me with delight; I passionately love
all things in which sound is mingled with light…”
The jewels created by Lucia Massei are a gift of giving, first and foremost.
The gift of giving does not envisage gratitude. Life is given, you can give yourself to a cause, fathers give to their offspring so that this may build up a legacy.
The gift of giving is not the same as giving a present, which on the contrary intends to demonstrate one’s magnificence.
The gift of giving has to do with welcoming the unexpected guest.
Lucia Massei’s jewels envisage distant latitudes, unknown attire, hardly-heard languages that seem to come from a time we fear we’ve lost yet we’re happy to keep impressed in our memory.
They are feminine in the sense of nature, namely possessing generous forms. They are not accessories, they are matchless, they are what we are, they are one with those who wear them.Even when the colours, metals and stones are precious, they are exhibited sparingly, sometimes in their uncut form, as pure as the sense of feeling, the sense that pulls at the heartstrings; everything in her work is radical and imposes the use of definitions that do not neglect etymologies.
Sensing, namely perceiving with one’s senses, has to do with contemplating the function of the jewel with empathy: the common sensing of those who give and those who receive; it has to do with pathos: the emotion one feels in the face of beauty.Communicating through ornaments is a well-known practice that has been handed down from one generation to the other through history. Its modern meaning as status-symbol complies with the ancient practice of demonstrating one’s belonging to an ethnic or social group through symbols which today, especially for western society, identify belonging established by wealth criterions that have nothing to do with the history and culture of individuals that those symbols represent.
Ornaments produced by industries as a mass-product; when using the “limited edition” alibi, access criteria are even more extreme. Preciousness is proportionate to the economic difficulty of consumers to have access to the said object.
Jewels created by Lucia Massei, and more in general jewels created by artists, reverse this trend. They are precious in the meaning that is attributed to the work of art, to what has value and possesses qualities that are worthy to be admired, to be observed with wonder and with astonishment.
Uniqueness is mandatory since the act that produces them cannot be repeated. Should repetition be obtained, it is never the same to itself as in the works of most artists. It would simply be a propensity towards the perfect expression and not a simple duplicate aimed at its optimization for marketing purposes.
The jewels created by Lucia Massei are poetic.
Ποίησις (poiesis), a Greek noun that is at the root of the term poetic. It is not a sheer coincidence that it is a feminine noun and means construction, poetic production, a creation that takes place.
The story that underlies them is poetic; it is a story that speaks of nature, earth, geology and geography, the sea and the Mediterranean, of peoples who face onto this sea in the present or who have in the past. It is the story of women who are aware of the mystery that shrouds objects and who wear amulets to collect the passing storms, the wind and sun, the rain, sounds and silence.
The jewels we wear speak about us, they portray who we are, they communicate what we feel only after we have chosen them, selected them amongst others, when they represent our uniqueness and identify us, when they are given to us by those who care for us as much as we do.
Antonella Villanova
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